Francesco Arena. Otto angoli in mostra allo Studio Trisorio di Napoli

juliet / 26 aprile 2021


Siamo nel tempo attraverso lo spazio. Tempo della prossimità, tempo che (non) passa; tempo come unità di misura del pensiero storico e sociale. Tempo delle contraddizioni che rendono possibili equilibri di forme nitide tra i pieni e i vuoti dell’ambiente. Il tempo o, meglio, la percezione del tempo, è sempre legata a uno spazio che rende possibile la decodifica di un reale alimentato da energie volubili, opposte e complementari. Ed è un tempo non lineare, duttile ed eterogeneo, quello al centro della personale “8 angoli” di Francesco Arena presso lo Studio Trisorio di Napoli, un’antologia di lavori realizzati in un lungo arco temporale che va dal 2013 al 2021.

Otto opere collocate negli otto angoli dello spazio espositivo. Forme estetiche interdipendenti, eppure connesse, occupano un luogo fisico preciso, volutamente marginale, instaurando un dialogo con la struttura architettonica, condizione imprescindibile e necessaria per la loro presenza materiale. I lavori rendono esteticamente percepibile la dialettica che intercorre tra tempo, spazio e materiali, questi ultimi scelti con cura in virtù delle caratteristiche fisiche e soprattutto poetiche. Le installazioni dotate di un senso-forma tangibile orientano la comprensione di una storia che appartiene al singolo come alla collettività e che parla attraverso la manifestazione di forme e concetti opposti e spesso antitetici, distanti ma complementari.

Con questo progetto espositivo, Arena mostra la relazione esistente tra i concetti di spazio e tempo e il paradigma dei significati politici, sociali, letterari che caratterizzano il nostro confronto con ciò che esiste. Ogni opera è installata in uno degli otto angoli dello spazio espositivo. I materiali come pietra, bronzo, ferro, cenere, rame, possiedono una funzione essenziale nella costruzione del senso dei lavori e della loro collocazione ambientale.

“Silence, here I am. Here I am, silent. Bright and clear, it’s what I am”.

La compresenza di elementi diversi, eterogenei ma in qualche modo perfettamente bilanciati è un tema che incontriamo nel percorso espositivo. I poli concettuali e geografici di Oriente e Occidente sono evocati, ad esempio, da Extrême Occident (2013) nell’angolo occidentale, ed Extrême Occident (2017), opera gemella collocata nell’angolo orientale della seconda stanza. L’incontro con il libro di Marc Chadourne avviene casualmente in Francia su una bancarella di libri usati. Endless, Nameless (2020) è invece un tubo Innocenti piegato ad angolo retto che si adatta allo spazio angolare, e al cui interno è contenuto un nastro magnetico su cui è incisa l’omonima canzone dei Nirvana inclusa nell’album Nevermind. La canzone diventa così presenza fisica ed estetica, senza fine e senza nome, che sovrasta il pavimento.

Elle capovolta (2020), è una struttura a L capovolta in rame, alta tre metri, che veicola una frase di Auguste de Villiers de L’Isle-Adam: Nous nous en souviendrons de cette planéte (Ce ne ricorderemo di questo pianeta), citazione scelta anche da Leonardo Sciascia come epitaffio. Monolite liquido nero è un paradossale monolite fatto di contenuto liquido. Una vasca di metallo raccoglie 200 litri di olio per motore esausto rendendo possibile la percezione scultorea del liquido che si adatta alla forma del contenitore. Cubo (2021) è invece un’opera più recente composta da varie lastre di materiale di scarto di produzione del passato, una catasta alta 39 cm, con un angolo vuoto, intagliato nei vari strati. Trittico del sapere (2020) è un’opera composta da tre lastre di acciaio lucidato a specchio collocate in un angolo che creano un mezzo cubo aperto, ma anche illusoriamente un cubo pieno, con incise delle frasi relative al concetto di sapere contenute nel romanzo I calabroni di Peter Handke (“Si scalda solo per quello che non sa”, “Quello che sa lo lascia freddo”, “Se sa di qualcosa, ma non può appurare che cosa sia, è allettato a saperlo”).  Fiore curva (2020) presenta una rosa collocata tra l’angolo architettonico e un blocco di bronzo. Entrambi gli elementi collaborano per creare una curva come due spinte contrapposte che si incontrano lavorando attivamente. La rosa si curva senza spezzarsi.

Nell’angolo, punto di unione ma anche di tensione, si incontrano, allora, le direttrici di forze e significati reali e metaforici. Sistemi di analogie, corrispondenze, messaggi trasposti sul piano visivo, apparentemente privi di connessioni immediate, dove la materia, le parole e la forma coesistono in un equilibrio nitidissimo e sincretico.

Giuliana Schiavone


 
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Francesco Arena. Otto angoli. Studio Trisorio a Napoli