Maiorino, un azzeramento del linguaggio pittorico

il mattino / 17 aprile 2015


Sintesi del linguaggio espressivo ed esigenza di misurare lo spazio. Sono questi i due cardini attorno ai quali ruota il percorso artistico di Alfredo Maiorino. E se il primo nasce dal desiderio di proteggere la pittura esaltandone gli elementi essenziali, il secondo rappresenta un «modo per ancorarsi alla vita» nella ricerca di quella sensazione di sicurezza e stabilità connaturata all'essere umano. S'intitola «Ri-velare» la nuova personale dell'artista di Nocera Inferiore che s'inaugura oggi alle 19 allo Studio Trisorio (Riviera di Chiaia 215): in mostra fino al 31 maggio un corpus di opere espressione di un'attenta riflessione portata avanti negli ultimi quattro anni da Maiorino. Di grande impatto l'allestimento che coniuga in modo perfetto le linee rette e gli angoli dei lavori con le curve dello spazio espositivo: «L'architettura è il mio modo di relazionarmi alla realtà: queste opere rappresentano comunque una misura dello spazio», dice l'artista.
Azzeramento del linguaggio pittorico. «L'evoluzione che ha scandito la mia ricerca in quest'ultimo periodo è nata da un severo processo di sintesi del linguaggio espressivo – spiega – Esigenza scaturita dal bisogno di trovare qualcosa che mi appartenesse maggiormente e che ponesse una minore distanza tra quello che realizzavo e chi osservava ciò che avevo realizzato. Mi sembrava che gli elementi essenziali mi sfuggissero: quindi non ho più cercato esclusivamente la rappresentazione, intesa come rimando a una realtà concreta o a uno stato d'animo, ma ho cominciato a pensare ad una materia viva, che avesse caratteristiche plurisensoriali e che mi permettesse di indagare in primo luogo i materiali che compongono l'opera pittorica, le loro qualità tattili e visive».
Un'esperienza percettiva non solo per chi osserva l'opera ma anche e soprattutto per l'artista che la crea. Quest'operazione consente a Maiorino di fare del colore una sostanza mentale, più interiore e meno visibile. Della pittura resta l'idea: «Ho iniziato ad indagare quelli che sono gli elementi primari del linguaggio pittorico asciugando l'opera, paradossalmente, dal colore stesso». Proprio per proteggere, per valorizzare questi elementi, l'artista realizza, con sovrapposizioni pittoriche e molteplici velature, una serie potenzialmente infinita di «teche» utilizzando materiali come il vetro e il feltro che svolgono una funzione protettrice ed isolante: il primo opacizza e riflette lo spazio pittorico, ma allo stesso tempo protegge la superficie; il secondo, carico di energia animale, la isola e la riscalda. «Questa serie di lavori, "corpi fragili", sono un invito a una messa a fuoco, attraverso una maggiore attenzione. Ѐ la luce stessa, e non la pittura, a tracciare le ombre e i contrasti: la pennellata non mi interessa più».
Del linguaggio pittorico Maiorino conserva però il punto d’origine – il disegno – e gli elementi strutturali – la tela e la preparazione – lasciando che gli oggetti misurino lo spazio bidimensionale dell'opera e si relazionino ad esso in modo funzionale, in un rapporto simile a quello dell'uomo con lo spazio che lo circonda. In questa sorta di spazio purificato, l'artista inserisce piccoli disegni e residui botanici (come la struttura di una pala di cactus o una foglia di felce essiccate), elementi figurativi che ricoprono la medesima funzione che aveva la ciotola nei precedenti lavori di Maiorino. «Prima di trovare la collocazione ideale agli oggetti – racconta ancora – li studio scrupolosamente, provando e riprovando la loro disposizione, muovendoli come attori sul palcoscenico di un'ideale rappresentazione. Organizzo la scena dando ad ogni elemento un ruolo differente, cercando con infinita cura di creare un ordine e di tradurre il tutto in una composizione dall'equilibrio impeccabile. Queste presenze, oggetti da osservare o elementi materici, diventano qualcosa di tangibile a cui aggrapparsi nel naufragio della visione».

Tiziana Tricarico


 
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