“Neapolitan Holidays” le allegorie visive di Bill Beckley

la repubblica napoli / 28 ottobre 2019


Da domani (ore 19) allo Studio Trisorio una mostra che è un Grand tour a tavolino, fatto di cartoline, foto e testi rimescolati dall’artista newyorkese

Il linguaggio come luogo da decostruire, contaminare e riassemblare in nuovi significati e immagini. Sono queste le tracce ed emozioni di Neapolitan Holidays, le "vacanze napoletane" raccontate dall'arti sta americano Bill Beckley nella sua personale allo Studio Trisorio che s'inaugura domani alle 19 (Riviera di Chiaia, 215).
Bill Beckley (nato in Pennsylvania nel 1946; vive e lavora a New York), che a Napoli è di casa per aver esposto più volte da Trisorio (la prima nel 1978), è uno dei protagonisti della Narrative Art, una corrente dell'arte concettuale sviluppatasi nella seconda metà degli anni Settanta, che associa immagini fotografiche a saggi narrativi. Testi scritti a matita e penna sovrapposti alle cibachrome a colori degli anni Settanta di Beckley sono conservate nei più importanti musei americani. Quest'anno in una stazione della metropolitana di New York il MoMA ha scelto, come immagine pubblicitaria delle sue collezioni, una delle opere di Beckley. Al Museo Madre c'è un suo lavoro del 1986 realizzato nella personale Gardens of Pompeii, sempre da Trisorio.
L'artista che usa tuttora la fotografia come mezzo di espressione, in questa nuova mostra napoletana ha condotto un Grand tour a tavolino, spostandosi concettualmente da un luogo e un tempo a lui lontani ricreando un nuovo hic et nunc, ingrandendo vecchie cartoline ritrovate nel baule di una famiglia napoletana spedite tra il 1915 e il 1970. All'immagine e al testo della cartolina storica, Beckley ha accostato sue foto recenti scattate a Napoli e Capri tra il 2016 e il 2019 e un suo testo in inglese, inserendosi "a posteriori" in questa comunicazione, provocando così un cortocircuito di significato fra immagini e testi realizzati in spazi e tempi tra loro diversi. Così si annulla il tempo e si evoca la memoria, si collega il presente con il passato di ciascuno, generando nuove intersezioni tra le persone. Il nuovo testo e scatto dell'artista diventano come una didascalia, un indizio, che dialoga sibillinamente con le parole e immagini d'epoca. I due elementi si confondono volutamente per incuriosire chi legge e guarda ora, offrendo così la possibilità di ritrovarvi qualcosa di proprio. In questo modo ogni messaggio di corrispondenza privata e personale scritto sulla cartolina è in grado sia di evocare dettagli della vita di altri, ma soprattutto di aprirsi a ulteriori sensi e storie per i nuovi destinatari di oggi. Esplorando il corpo complesso della parola, Beckley la mette in relazione attiva con lo spettatore. L'idea è quella di una comunicazione partecipata, dove l'arte libera le parole, cioè il pensiero, e le rende produttrici infinite di senso. Il critico David Carrier, nel testo in catalogo che accompagna la mostra, definisce il nuovo lavoro di Beckley come un’allegoria, che altro non è che un’opera testuale o visiva con un significato presente su due livelli. “Una storia scritta narra la vita di una persona, ma il soggetto reale è la storia di una nazione; una fotografia mostra un nudo femminile, ma il soggetto vero è la nuda verità.
Le allegorie sono affascinanti perché usano i loro soggetti letterati in modo evocativo, per suggerire altro. Neapolitan Holidays crea uno sdoppiamento allegorico interessante. Nei lavori di Beckley, c’è un gioco di specchi tra l'immagine originale e la sua didascalia e la sua fotografia con relativa didascalia". Del resto negli anni Settanta, Beckley ha esordito con la riproduzione fotografica di una rosa, da lui già dipinta a soli 13 anni, come ha raccontato più volte, ponendosi davanti al fiore con la consapevolezza dell'ambiguità semantica del soggetto da rappresentare. Non era semplicemente: "Una rosa, è una rosa, è una rosa...", come aveva già scritto Gertrud Stein nel suo poema visivo "Sacred Emily" (1913), ma molto di più. Un'allegoria.

Renata Caragliano
Stella Cervasio


 
Previous
Previous

Bill Beckley: dialogo con le cartoline del passato

Next
Next

Umberto Manzo: Quel corpo sacro e metafisico da restituire