In mostra da Trisorio. L’arte come respiro: il misticismo laico di Gregorio Botta

corriere del mezzogiorno / 28 settembre 2021


C’è nell'opera di Gregorio Botta un'innata propensione a un misticismo laico, due termini che qui sfuggono all'apparente tentazione dell'ossimoro, per rivelarsi al contrario un incontro armonioso legato all'umana, ricorrente da necessità di silenzio, raccoglimento, riflessione, introspezione. Un bisogno che, peraltro, va ben al di là dell'adesione a questo o quel credo religioso. Partendo da questa premessa, la visita alla mostra «Breathe In», che si inaugura domani alle 18 allo Studio Trisorio di Riviera di Chiaia, si rivela un'esperienza da vivere assecondando quei principi che sono al centro del progetto di Botta. Un percorso, cioè, che grazie alla scelta di materiali traslucidi, diafani, delicati come cera, fogli di alabastro e carte artigianali trattate dallo stesso artista, regalano un senso di generale sospensione, minimale nei modi, ma molto intensa dal punto di vista emozionale. E più che mai il titolo si rivela stavolta elemento conduttore del ciclo espositivo, ovvero «Inspirare», quasi a voler incamerare tutte le sensazioni esterne in un ripiegamento, anche spaziale, su se stessi, che diventa anche una forma di protezione generata dal Lockdown, periodo in cui Botta ha partorito questi lavori. Allo stesso tempo, in una sorta di ponte ideale con la Galleria G7 di Bologna, l'allestimento napoletano prepara il visitatore al «Breath out», concetto di espirazione liberatoria, scelto per intitolare l'altra mostra che si inaugura in Emilia il giorno dopo. Due tappe, tenute insieme dall'ultima istallazione che chiude la seconda sala, l'«Hölderlin Paradise», sette cerchi di vetro con fiori di terracotta sospesi l'uno sopra l'altro evocando il movimento ascensionale di una scala. Approdi di un viaggio, aperto invece nella prima sala dalla serie degli «Angeli», quattro parallelepipedi di cera al cui interno una luce sottile e misteriosa si riverbera su di una coppa, forma prediletta dall'artista, simbolo insieme del pieno e del vuoto, qui al centro di tempietti, quasi dei larari, a cui avvicinarsi con rispetto sacrale ma anche con fiducia nella forza evocativa a cui rimandano sul piano immaginario. Infine, nella seconda sala, al centro del pavimento si svela una fontana infiorata, che ricorda il pozzo di un hortus conclusus, con l'acqua che si rigenera continuamente, restituendo il suono vitale dello scorrimento, mentre alle pareti fogli di carta di riso e cera contengono fiori secchi, foglie e steli, insieme a piccole gocce di sangue vero, una sorta di «Noli me tangere» ispirato all'opera di Beato Angelico del convento di San Marco a Firenze, in cui il sangue delle stimmate sembra trasformarsi in petali e fiori. La mostra sarà visitabile fino al 30 novembre.

 Stefano de Stefano


 
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