La magia dell’oro rosso secondo sette artisti allo Studio Trisorio

la repubblica napoli / 28 novembre 2022


Stregati dall’“oro rosso”. Sette artisti creano sculture e installazioni utilizzando una presenza pregiata in natura, grezza o semilavorata: il corallo. “Naturalis Historia” è il progetto espositivo che si vedrà da sabato alle 11 ospitato da La vetrina dello Studio Trisorio, in via Carlo Poerio, 116. Gli artisti che hanno prodotto le loro opere inserendo il corallo nelle sue diverse forme sono Francesco Arena, Marisa Albanese, Gregorio Botta, Elisabetta Di Maggio, Jan Fabre, Rebecca Horn, Alessandro Piangiamore. Nato dalle gocce di sangue della Medusa decapitata da Perseo, il corallo è protagonista da secoli di una leggenda che lo dipinge come elemento a metà tra il mondo animale e quello minerale ricco di proprietà fra la scienza e la magia. La sua storia viene raccontata sia da Ovidio nelle Metamorfosi che da Plinio il Vecchio nella Naturalis historia. Per Ovidio il sangue che sgorgò dalla testa tagliata della Gorgone appoggiata su una riva dove crescevano i giunchi, trasformò quelle piante in coralli. Plinio ricorda che i coralli più preziosi erano quelli vicini all’odierna Trapani e racconta che i rami venivano tritati e ingeriti con l’acqua per la cura del sonno o contro la febbre. Aiutava i naviganti e teneva lontani i fantasmi. Divenne in seguito simbolo del sangue di Cristo e venne attribuito un valore apotropaico al corallo rosso, che ancor oggi è impiegato per intagliare amuleti che, a contatto con la pelle, terrebbero lontane malattie, pericoli e addirittura la morte. Nelle opere della serie “Storia naturale” di Francesco Arena un ramo di corallo grezzo interrompe la perfetta geometria solida di una cornice di metallo di un metro quadrato, simboleggiando l’irruzione del tempo della natura in quello della cultura. In “Paesaggio” di Marisa Albanese, l’artista napoletana scomparsa nel 2021, il corallo si integra in un ramo di bronzo sottolineando la capacità di metamorfosi e coesistenza degli organismi viventi diversi tra loro. Gregorio Botta, nelle opere della serie “Breath” incastona frammenti di corallo in lastre di alabastro, evocando l’affiorare di una nuova forma. Nei lavori intitolati “Vuoti d’aria” di Elisabetta Di Maggio protagonista è il corallo bianco del Madagascar facendo emergere, incidendole con il bisturi, la sagoma sotto forma di trama di foglie che quei rami avrebbero se fossero sugli alberi invece che in fondo al mare. In “The Dagger of an Angel” Jan Fabre riveste un pugnale di numerosi piccoli corni, petali e rose di corallo, perlopiù scarti di lavorazione che venivano usati dai corallari orafi per formare delle spille. Così un simbolo di potere e violenza che nell’iconografia pittorica era la daga delle creature angeliche vendicatrici, viene reso innocuo e trasformato in un’esplosione di vita e di bellezza. Nella scultura di Rebecca Horn “Die Rosenheit in der Schwebe”, due rami di corallo sono animati da un congegno meccanico che li avvicina e li allontana lentamente: un inno all’amore evocato da questa macchina animata che ritorna nella poetica dell’artista tedesca che ha un forte legame con Napoli, sancito nel 2022 con “Spiriti di madreperla”, l’installazione per Natale in piazza Plebiscito realizzata con sculture di “capuzzelle”, 333 teschi in ghisa. Alessandro Piangiamore ricrea in forma moderna memorie dei souvenir acquistati dai viaggiatori del Grand Tour settecentesco mettendo insieme rami di corallo e pezzi di lava del Vesuvio, simboli temporali diversi: l’eruzione si compie in un attimo distruggendo le vite mentre il corallo impiega secoli per nascere e svilupparsi.

Renata Caragliano
Stella Cervasio


 
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