L’insensata bellezza del tutto. Christiane Löhr a Napoli

artribune / 4 febbraio 2021


UNO STATEMENT ESPOSITIVO DI SORPRENDENTE CONSAPEVOLEZZA CULTURALE, MA CON LA STESSA SPONTANEITÀ DI UN GESTO NATURALE, ED EFFIMERO. CHRISTIANE LÖHR DA STUDIO TRISORIO E A CAPODIMONTE, A NAPOLI.

Se Anish Kapoor scolpisce il vuoto, Christiane Löhr (Wiesbaden, 1965) vi tesse una danza. Fragile, e forte, come l’inaspettato struggimento di bellezza e armonia nelle piccole cose. Fluttuante e risucchiante nel nulla, come Taratantara dell’angloindiano, anche Four tubular hair forms si muove sul sottile filo dell’Astrazione Organica, tra rigore e natura. Ma da essa, come da certi umori della tarda Land Art, l’artista tedesca fila con energia ancor più vitalistica – proveniente dal poverismo della sua formazione con Kounellis – ricami strutturali di maggiore generatività, come frattali, con semi, petali, steli, crini. Architetture trasparenti, delicate, insensate quanto necessarie alla poesia. Haiku essenziali ed enigmatici, meditazioni zen nel loro farsi, che potrebbero appartenere al micro quanto al macro, per potenza, e purezza. Come mostrano le sue opere esposte a Capodimonte per il ciclo Incontri sensibili – curato da Sylvain Bellenger e Laura Trisorio, in collaborazione con Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea: cattedrali di nulla e di tutto. Canti, esattamente come i fiori del secentesco Andrea Belvedere che incontrano, all’insostenibile leggerezza ed evanescenza dell’essere.

Diana Gianquitto


 
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